Aspetterò che sia notte fonda per cominciare il mio percorso verso la speranza che le cose cambino.
Il colore della mia pelle può dar fastidio ma si confonde nella notte.
I miei odori di nivea timidezza suscitano scalpore sconosciuta da molti come rancia fragilità d’incomprensione sociale.
Mi avvio verso un luogo che mi permetta di fare un qualcosa d’utile a prescindere esso sia.
Mi illudo che quella o un’altra opportunità siano la volta buona per intraprendere un gran cambiamento.
Non arresto le mie speranze che ho riposto nell’essere umano e nella sua generosità di spirito.
Non mi aspetto altro che lo stesso amore disinteressato che ho generosamente condiviso con loro durante tutta la mia esistenza.
Credete sia facile essere in una terra foranea, comprendere l’usanze altrui e assimilarle come proprie.
Pensate sia una persona quella che possa mutare la nostra esistenza e pur così nulla mai accade.
L’eroe si è arreso ancor prima che la battaglia iniziasse lasciandomi in indebolita solitudine.
Una chiamata risuona l’anello di speranza infranto per il desiderio carnale d’essere utilizzato.
Mi vedi per quel che credi sia ovviando vedere ciò che veramente sono.
Le mie buste delle spesse e tracolla trasandata denotano il viaggio lungo in attesa di riposare in prestito.
Tutti i giorni cercando le stesse possibilità in questa società regnate di squilibrata diseguaglianza.
Presento sia il momento di rottura verso il prospero avvenimento meritato.
Mi struscio il viso nella fontana vedendo il mio riflesso ove lo sgocciolare me lo permette.
Rinfresco le mie ossa e pellicola corporee prima di accomodare il mio scheletro sui cartoni induriti dall’usura.
Sognavo il momento in cui il salvatore mi prendesse per mano allontanandomi da questa realtà tiranna.
Mantengo la mia dignità intatta distanziando la vergogna d’essere chi forse non sono neanche.
Mi convinco che siamo venuti con nulla e ciò ci porteremmo nella nostra partenza.
Mi stordisce la sensazione del nulla che si ha impossessato delle mia esistenza.
Guardo il traguardo con uno sguardo aldilà del traguardo.
Penso alla possibilità, sia essa arrivata, di fare arrivare le possibilità pensate.
Mi perdo nei mie pensieri al vedere la gente persa e inebriata di possessi senza possesso.
Guardo e osservo il mondo attorno a me mentre mi preparo a quella opportunità di fare del bene.
Non lo vedo come una sconfitta alla povertà ma come una sfida a trovare una piacevole risoluzione a quella esistenza odierna.
Non ho vergogna ad essere indigente poiché l’indigenza non lo sia d’animo.
A fronte alta, con il senso civico del genere umano in centro, mi attendo sia il mio Signore a giudica il mio attuare e labor.
Sotto i tuoi occhi impuni di ristretta avidità di pensiero mi trattengo il giudizio pur di non diventare uno di voi.
Tanto mi discriminate che assomigliarvi sarebbe un crimine sociale, tanto quanto quella condanna che soffro dalla mia nascita.
La mia pelle sarà scura, i miei occhi saranno profondi, i miei odori ripudiati e la mia presenza assiduamente scomoda ma …
… Se tan solo vi soffermasti a comprendere che la diversità fa la ricchezza che tanto vi vantate
… Se tan solo vi sentisti più forte per un colore corporeo o peso materico che altrimenti non sapresti come reagire
… Se tan solo vi guardasti per l’aspetto esterno senza guardare curiosamente nell’indentro
Allora sì che rimango a vedervi passare come transeunti dispersi allontanandomi dalla vostra folla folle.
Attendo ad una prudente distanza il momento giusto per fare la cosa giusta senza prudente distanza.
Fino a quel momento, rimango in attesa di un mondo migliore pieno di equi equilibri giustamente giustificati da ragioni veritiere.
Sono diverso ma non dovuto alla pelle.
Sono diverso d’animo e spirito e lotterò con tutte le mie forze per rimanere per sempre tale.
Manuel Otero Martí